Locker Room: Giuseppe Fiorito

by Francesco Torluccio
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Coach Giuseppe Fiorito inizia a giocare nel 1984, a soli 16 anni. Di quel periodo ha ricordi stupendi, di una squadra composta da più di 50 elementi!
Trasferitosi da Bergamo, dove giocava a pallanuoto, a Milano, non riesce a trovare una piscina vicino a casa, per cui prende la decisone di cambiare sport. La casualità a volte ci mette lo zampino e un amico ricevette in regalo un pallone da football dallo zio di ritorno dagli States. Passarono giornate a cercare di lanciarlo correttamene, a quei tempi non esistevano internet e tutorial.
Così non rimase altro che informarsi trovando i Rams. Andava agli allenamenti in tram (il 12, adesso il 27), da viale Corsica al vecchio campo di Villapizzone e ancora oggi ricorda distintamente come sul tram casco e paraspalle destavano la curiosità dei passeggeri.
Una volta un signore con marcato accento meneghino gli chiese se giocasse a freesbee americano! I Rams di Paolo Crosti furono una scuola di vita e lui un mentore, oltre che un coach.

Coach Fiorito in maglia Rams

Dopo ci furono i Wasp a Vigevano, la massima serie coi Seamen, e i Bengals a Brescia, dove il suo back up era un giovane Umberto Maggini, che considera uno degli allenatori più preparati in Italia.
E ancora i Rhinos di coach Wyatt e i Falcons. Nel frattempo aveva compiuto 39 anni e poteva bastare.
Ma l’amore per il gioco non è mai svanito e quando anni dopo rimase senza lavoro, accettò la proposta di Dario Mannoni, dirigente dei Crusaders, cominciando ad allenare, prima i DB, poi tutta la difesa (giocavano una 44 stack a cui è ancora affezionato).
Poi arrivò il secondo livello, la coach convention e l’incontro con Crosti. Era passata una vita, ma sembrava la settimana prima: “Passa a salutarci al campo”, gli disse e lui lo fece. Ci rimase tre mesi, poi, il giorno della prima, pronti per la partita da giocare con Piacenza, la chiamata di Paolo: “Non si gioca più: il loro coach è di Codogno e hanno messo in quarantena tutto il paese per questo virus che si chiama Covid”.
Morì meno di un mese dopo. Da allora non ha più lasciato i Rams; è come se avesse un lavoro da finire. La cosa che lo fa sorridere è che nel coaching staff ci sono Corrado Burla, Paolo Ferrario e Alfred Raffaelli, con cui giocava nelle giovanili in quel lontano 1984.

Il coach dei Rams Giuseppe Fiorito

Qual’è la partita più memorabile che hai allenato e perché?

La partita in casa della mia ex squadra, i Crusaders di Cagliari, lo scorso anno. Ho allenato i Crù per quattro stagioni, per cui ci tenevo a fare bene. La dirigenza dei Rams poi ha fatto un sacrificio economico pazzesco regalando alla squadra una trasferta con volo e albergo. I ragazzi per un giorno si sono sentiti dei veri professionisti e hanno risposto con una prestazione maiuscola. Dopo la vittoria siamo andati tutti a fare il bagno al Poetto (alcuni col pantalone da partita).

Qual è il tuo ricordo preferito da tifoso di football?

Tifo Steelers da quando ho capito come si lancia un pallone. Il mio ricordo risale al primo febbraio 2009. 43esimo Super Bowl tra Pittsburgh e Arizona. 18” alla fine del primo tempo. Palla sulle due yards. James Harrison finta il blitz e droppa a coprire la slant. Kurt Warner lancia, il resto è storia. Più che le 100 yards di ritorno, più delle patatine scagliate per ogni dove, l’immagine dei compagni di squadra di Deebo che gli spianano la strada è la quintessenza dello spirito del gioco del football.

Coach Fiorito in mezzo ai suoi Rams

Se potessi giocare in qualsiasi posizione in campo, quale sceglieresti e perché?

Quando ti avvicini al football vuoi fare il QB: la fama, la palla, la gloria. Poi ti rendi conto che è oltre le tue possibilità e viri su un ruolo d’attacco. Sei veloce, per cui runner o ricevitore. Le mani a badile non aiutano. Ti sposti in difesa. Capisci i ricevitori per cui sai come marcarli. Se però avessi la possibilità di scegliere? Una volta sarei tornato al primo amore. Adesso ti dico che vorrei giocare centro. Sarà che con l’età capisci che da molta più soddisfazione essere d’aiuto agli altri. Certo, la tentazione di giocare end dal lato cieco su terzo e 15 è tanta.

Come identificate e sfruttate i punti deboli avversari? Come vi adattate a squadre con stili di gioco diversi dal vostro?

Sono un fervido sostenitore delle sessioni di video. Lo scouting è importantissimo per capire come è orientata l’altra squadra. Che formazioni usa, che giochi sviluppa a seconda della formazione e delle situazioni di down e distance. Il che porta a creare un game plan. In attacco la filosofia è prendere quello che la difesa ti concede. Ultimamente ci siamo imbattuti in team che difendevano a zona. Abbiamo utilizzato di più alcuni giochi che sfruttavano i punti deboli di queste formazioni a discapito di alcune nostre classiche giocate.

Coach Fiorito

Un aneddoto?

In questi casi solitamente si pesca nel passato. Vado contro corrente e ne racconto uno recente. Dopo la partita di ritorno con Cagliari dello scorso aprile un ragazzo dei Crusaders mi ha avvicinato. “Coach volevo ringraziarla” mi ha detto. Ho glissato su cosa comportasse l’utilizzo del lei mentre continuava “venne nella mia classe di educazione fisica durante il progetto scuole e ci insegnò a giocare a flag, e poi mi portò ad un allenamento dei Crusaders; oggi sono titolare e lo devo anche a lei”. Non l’ho dato a vedere ma mi sono commosso.

Coach Giuseppe Fiorito ai tempi dei Crusaders Cagliari

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