Storia del Pro Bowl: gli albori

by Giorgio Bianchini
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È notizia di questi giorni che il Pro Bowl non ci sarà più, infatti la NFL ha annunciato la cancellazione della partita delle “star” sostituita da una settimana di “Pro Bowl Games”.

La nuova settimana includerà gare di abilità e poi una partita di flag football nel normale slot del Pro Bowl la domenica prima del Super Bowl. Quest’anno, sarà il 6 febbraio all’Allegiant Stadium di Las Vegas.
Ma raccontiamo la storia di questa partita, vera “festa” del football americano che ha avuto alti e bassi.

Siamo a Los Angeles, nel lontano gennaio del 1939 e i campioni dei New York Giants stanno per disputare una ulteriore gara dopo la vittoria finale della settimana precedente.

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La competizione ha tutta l’aria di uno scrimmage tra giocatori allo stremo delle forze, dopo una dura season.
I migliori giocatori della NFL più alcuni player di squadre indipendenti, lotteranno assieme contro i campioni in quello che diventerà l’ all-star game del football americano, che arriverà a noi con il nome di Pro Bowl.
Da quel lontano inverno californiano il Pro Bowl ha cambiato, oltre che al nome, protagonisti, formule, città e stadi.
Fino all’inizio per gli States della seconda guerra mondiale, la formula rimase quella dei campioni in carica contro una selezione di giocatori della lega più i migliori prospetti di franchigie indipendenti.
Dopo il decennio terribile degli anni 40, la lega ripropose immediatamente nel 1951, lo spettacolo del Pro bowl, vista la voglia di tornare a sorridere e divertirsi degli americani reduci da 4 anni di guerra e distruzione globale.
La formula delle contendenti iniziava a cambiare e la disputa era tra le 2 conference che già allora rispondevano al nome di “American” e “National”, per poi vedere, soltanto 2 anni dopo, altre due nuove protagoniste la “Eastern” e la “Western” conference.


La cosa più affascinante che venne inserita nel 1951 fu l’assegnazione, dopo la gara, del Most Valuable Player, l’MVP del probowl. La cosa iniziava sempre più ad affascinare non solo i tifosi ma anche i giocatori che, se inizialmente non avevano accettato di buon grado un ulteriore gara “senza senso” vedevano adesso la possibilità di un onorificenza per la loro bacheche e a poter aggiungere il loro nome nella leggenda del football americano.
Il 14 gennaio del 1951, dopo una vittoria tiratissima della American conference contro la National, viene così assegnato il premio al QB dei Cleveland Browns e leggenda indiscussa del football, Otto Graham.
La gara terminò con un 28-27 che tenne col fiato sospeso tutta l’America.
Anche la storia legata all’assegnazione dell’MVP doveva cambiare diverse volte, prima di diventare quella che tutti noi oggi conosciamo, infatti per ben 24 anni (dal 1957 al 1971) la lega decise di premiare il miglior attaccante e il miglior Defensive lineman.
Bert Rechichar degli allora Baltimore Colts e Ernie Stautner dei già Pittsburgh Steelers si aggiudicarono l’ambito premio individuale.
Per vedere il Pro Bowl per come lo conosciamo, dobbiamo aspettare il 1971 e cioè dopo la fusione della AFL con la NFL che di fatto crearono la moderna NFL con le 2 conference ben distinte.
Dagli inizi degli anni 70 quindi gli head coach che perdono la gara di champioship vengono chiamati ad allenare le 2 franchigie “all stars” con giocatori votati da loro stessi, dai tifosi e dagli allenatori delle franchigie della neonata lega.
E’ il 24 gennaio del 1971 quando al Los Angeles Coliseum la NFC distrugge 27-6 la AFC nel primo “AFC-NFC probowl”.
MVP della gara, senza dubbi saranno 2 giocatori della NFC, Mel Renfrow, cornerback dei Dallas Cowboys e Fred Carr, linebacker di Green Bay.

Probowl edizione 1971

L’anno dopo, la NFL, cambia ancora la modalità di scelta degli MVP, volendo premiare il miglior attaccante e il miglior difensore.
Ma la pace di tutto arriverà nel 1973 quando l’MVP definitivo sarà solo uno, indifferentemente da offense o defense.
Fino agli inizi del decennio 70 le sedi del probowl cambiarono molto poco.
Il clima ideale della California favoriva di molto la scelta e lo stadio che per 20 anni consecutivi ospitò l’all star game NFL fu il Los Angeles Memorial Coliseum, soprannominato vista la data di costruzione (1923) il “The grand old lady”.
Se pensiamo alla gara moderna del Probowl, o per come è arrivata ai giorni nostri, il risultato della sfida tra AFC e NFC, pende a favore della American conference per 3 vittorie di distanza, 26 a 23.
Una lotta infinita, una guerra infinita che piano piano ha iniziato, soprattutto negli ultimi dieci anni, a perdere di valore, ad assomigliare sempre più a una festa, come giusto deve essere a fine season, ma dal sapore della partitella da campetto in campo.
I giocatori reduci da umano di botte e levatacce alle 5 del mattino, tutto avevano voglia tranne che infortunarsi in una gara che perdeva sempre più di valore.

Montana in un Probowl anni ’80

La NFL era chiamata a correre ai ripari per non far scemare l’interesse per una competizione storica che dura da ben 83 anni.
Quale soluzione si poteva trovare, oltre che spostare la partita dalle lontane Hawaii, che ospitavano il probowl da ormai 34 anni e cioè dal 1980 fino al 2014 sulla “terra ferma”?
La risposta era in un gioco che da qualche anno inizia a prendere piede, soprattutto per il fatto, molto importante, che il contatto e quindi la botta o l’infortunio viene del tutto azzerato, il flag football.
Ma questa è un altra storia moderna che vedremo nelle prossime puntate.
Alla storia del probowl, lunga più di 3 generazioni di giocatori, sono legati nomi da brivido lungo la schiena, a nomi che solo pronunciarli rendono l’idea di fatica e sudore per una yard in più del proprio avversario.
Tra gli MVP infatti possiamo trovare idoli indiscussi del calibro di Reggie White, il ministro della difesa degli Eagles, Jim Kelly, leggendario quarteback dei Buffalo Bills dei primi anni 90, Randy Moss, Peyton Manning lo sceriffo, Travis Kelce e Justin Herbert, ultimo vincitore dell’offensive MVP.

Reggie White, MVP Probowl 1990


Perche la NFL, mai doma di idee dal 2017 decise di tornare a premiare 2 giocatori, il miglior attaccante e il best defense come nel 1972.
L’all star game della NFL, il nostro tanto ignorato Probowl, odora di storia, profuma di gloria ed è davvero un peccato abbia perso cosi valore.

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