Il nostro Capitan America

by Giorgio Bianchini
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Chi vi scrive o quantomeno cerca di mettere su carta quello che prova per il football americano, si è avvicinato con fame di sapere nel lontano 2011, quando in Italia la ESPN proponeva alcune partite della week.
In quella primavera, come un segno del destino, mentre cercavo scioccamente di schierarmi per questa o quella franchigia, ecco che direttamente da Houston viene a farci visita una nostra amica, fanatica degli Houston Texans, con in mano un sacchetto con maglie rossoblù con 2 numeri principalmente, il 23 di un certo Arian Foster e il 99 di un gigante bianco, un ragazzone biondo, fresco di draft, che promette molto bene e il suo cognome corto è facile da ricordare, Watt.

J.J. Watt al suo arrivo ai Texans


Presa quella visita inaspettata come il segno che stavo aspettando per finalmente avere anche io la mia franchigia, inizio a sfoggiare la mia maglia blu col 99 rosso sulla schiena, mentre grazie a internet e wikipedia, da buon autodidatta inizio a studiare e ad appassionarmi al football americano.
Squadre, città, allenatori, schemi, leggende di anni passati, giocate veloci in no huddle e strepitosi intercetti in redzone, tutto mi coinvolge mentre cresce il mio sapere simultaneamente alla carriera folgorante di quel ragazzone biondo col cognome figo, che i tifosi texani iniziano a chiamare MegaWatt.
Justin James Watt, detto anche J.J. Swatt, nato a Waukesha, Wisconsin, il 22 marzo 1989, per i 12 anni successivi sarà per me e per tutti i tifosi del football americano, un vero atleta, di quelli che vanno oltre la jersey che hanno addosso, uno di quegli uomini amati da tutti indistintamente, che fa innamorare di questo sport placcaggio dopo placcaggio, infortunio dopo infortunio.
Nella carriera di Justin, i numeri da record e il palmares da sogno, saranno solo la strada che divide “il novantanove” dall’immortalità della Hall of Fame che tra 5 anni lo vestirà della sua pregiata giacca color oro.

J.J. MegaWatt in azione


In 10 anni in Texas e gli ultimi 2 in Arizona, JJ collezionerà 111.5 sacks, 27 forced fumbles, 191 tackels for loss, 445 tackels solo e 2 intercetti riportati in touchdown.
Nella sua bacheca Watt avrà molto da spolverare, ben 3 DPOY un Walter Payton award vinto e stravinto dopo aver aiutato la comunità di Houston, messa in ginocchio dal flagello dell’uragano Harvey, raccogliendo l’ingente cifra di 37 milioni di dollari, oltre a 4 volte difensore dell’anno AFC, leader nel 2012 e nel 2015 di sacks e membro della formazione ideale degli anni 10.
Oltre ad aver partecipato a 5 probowl e inserito altrettante volte nel first team all-pro, nel 2014 si porterà a casa anche il Bert Bell award, onorificenza consegnata al miglior giocatore professionista dell’anno della NFL, selezionato da tutti i proprietari delle franchigie e dagli head coach delle 32 squadre, forse la più grande onorificenza della NFL, se a indicarti sono i massimi esponenti del football americano statunitense.
Una settimana fa, con un velo di tristezza, tutti noi apprendiamo che “Capitan America”, J.J. Watt ha annunciato il suo ritiro, che tanti insider della lega iniziavano a paventare.
La prima fotografia che vedo sui social, leggendo l’ufficialità del triste comunicato, è quella di J.J. con la sua famiglia, sorridente rilassato mentre tra le possenti braccia tiene sua figlia.

Watt e la sua famiglia


In un lampo mi rendo conto che dalla prossima stagione, sarò per la prima volta senza di lui a seguire, scrivere e vivere di football, il mio eroe dei miei primi passi nel mondo NFL ha deciso di abbandonarmi, come a volermi dire, “adesso sbrigatela da solo amico”, ma guardandola bene quella fotografia sui social, mi rendo conto con gioia nel cuore che Justin ha preso per lui e per la sua famiglia la decisone giusta, lo si capisce dal sorriso dolce che solo un guerriero può possedere dopo anni di lotta dura tra linee di nemici giganti e sempre più giovani.
Sembra siano passati secoli da quella favolosa pick six nei playoff contro i Cincinnati Bengals, nel “nostro” primo incontro di wild card delle nostre vite, mentre J.J. correva palla in mano verso il touchdown e io saltando dalla gioia capivo cosa diavolo era la tanto famosa pick six, che ha sempre un effetto devastante ai fini dell’incontro.

Contro i Cincinnati Bengals


Nel 2028 Justin entrerà di diritto nel corridoio delle leggende di Canton, Ohio, dove il suo busto farà eco alla magia che solo in quel posto si può toccare con mano.
Quasi come regalo di congedo, Justin James ci ha consegnato anni fa suo fratello, dominante edge dei Pittsburgh Steelers, di cui gli appassionati come me di football si sono già innamorati, sempre aldilà della jersey che lo veste sul gridiron, e che si differenzia dal fratello maggiore solo per la consonante del nome, T.J.
La tradizione Watt è cosi garantita, lo spettacolo è al sicuro ma come Justin sono in molti a pensare che non se ne vedranno più e tanti sono concordi nell’ammettere che a un vero campione di football americano come J.J. manchi solo l’anello del Superbowl, che avrebbe completato la carriera favolosa che Justin ci ha consegnato, la ciliegia sulla torta che tanti nei vari talk show sul football vorrebbero fosse consegnata a J.J. Watt ad honorem.
La fine della regular season è ormai vicina e quindi anche il tanto odiato addio che sapevo prima o poi Justin mi avrebbe stampato in faccia come uno dei suoi devastati sack, obbligandomi a scrivere di football senza la sua presenza, indimenticabile da dimenticare, alla quale devo la mia passione a questo sport, il quale scopri scopri alla fine è un vero stile di vita.
Grazie di tutto J.J. MegaWatt, buona vita e ogni tanto fatti vedere in televisione, mentre insieme a te aspetterò il 2028 e la tua giusta immortalità nella NFL.

J.J. Watt

Il sogno: vincere Vince Lombardi Trophy

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