L’eredità di Baldonado

by Giorgio Bianchini
656 views
Reading Time: 4 minutes

A quanto pare il football americano e la NFL iniziano a fare rumore ed a suscitare interesse tra i ragazzi che con curiosità si affacciano a questa disciplina così carica di storia, poesia ed amicizie che durano nel tempo.
Il draft di fine mese scorso, tenutosi a Kansas City, in Missouri, ha suscitato interesse per due motivi su tutti.
Come primo motivo dominante l’incertezza, a parte le prime due scelte, di tutto il draft, il quale in tutte e tre le serate ha regalato sorprese inattese e pick inaspettate.
Il secondo e più sentito motivo, era legato all’attesa spasmodica di sentire il primo nome di un giocatore NCAA, di nazionalità italiana, chiamato sul prestigioso palco dell’NFL draft 2023.
Per il nostro portabandiera Habakkuk Baldonado, dato da insider e analisti, come scelta tra il quinto e sesto round, quindi del tardo pomeriggio di sabato 29 aprile, le cose sono andate come sperato, ma nel dopo draft, quando da undrafted è stato messo “sotto firma” dai New York Giants, di Daniel Jones e coach Brian Daboll.
La bella notizia ha per forza fatto il giro d’Italia, alcune testate giornalistiche nazionali si sono così affacciate al “nostro” mondo fatto di tackle, sudore e lealtà.
Sui giornali quindi ma anche sui vari social, dove noi tutti apprendiamo le notizie che ci interessano, i ragazzi più giovani hanno iniziato ad associare il nome Italia con la parola football e da lì l’interesse nel voler provare uno sport di contatto tanto maschio quanto pieno di regole e fiducia nel proprio compagno.
Ad un recruiting camp di una squadra di football americano di Albisola, i Pirates 1984, squadra presente nel palcoscenico nazionale da quasi 40 anni, ecco presentarsi nuovi giovani volti, pronti a spaccare, acchiappare palloni al volo o staccare flag ad una cintura, per cercare di imitare il primo, nuovo idolo di cui i giornali tanto hanno reclamizzato, Haba!

Il casco dei Pirates

Agli ordini dei coaches Pirates, mentre iniziano a mischiarsi ragazzi che ormai da anni praticano il football o il flag football con ragazzi che tornano e riprovano ad indossare con nuova grinta casco e shoulder e nuovi giovanissimi volti che si emozionano alla sola vista del campo, con tutte quelle righe strane e i caschi appoggiati in fila in sideline ad attenderli, ecco che i “senior”, e parliamo di ragazzi di 16 anni massimo, ad alta voce spiegano ai novizi, che la NFL oggi è qualche yarda più vicina, che Haba ha spianato la strada, che i vari Justin Jefferson e Micah Parsons non sono solo alieni da vedere in televisione ad ore assurde, ma persone da imitare, per dedizione ed allenamenti, che giocano e giocheranno con o contro un italiano, che solo pochi anni fa giocava nei campi di football della capitale.

Il gridiron di Luceto

La mattinata passa così via veloce tra uno snap da aggiustare, abbassando un pochino di più il sedere e un catch brillante dopo una “out” alle 5 yards compiuta in maniera perfetta.
In un angolo del gridiron di Luceto, una rete rossa con tre centri piccoli, attira l’attenzione delle nuove leve, i quali seguiti dal QB coordinator della senior Pirates, provano ad effettuare i primi lanci, cercando di dare la giusta spin allo sferoide prolato, nome un po’ complesso che col tempo impareranno ad amare ma soprattutto a cercare di non far mai cadere durante un down di gara.
Ad alta voce si sentono nominare, tra i ragazzi, nomi leggendari che ai più esperti di NFL mettono i brividi.

I ragazzi della squadra di Flag Football

Chi si immola al nuovo Drew Breese, chi vuole il 12 sulla futura jersey Pirates perché il GOAT Tom Brady indossava quel numero fino allo scorso anno, chi invece, mentre dall’altra parte del campo, prova ad intercettare un pallone lanciato un po’ più corto, si sente così spavaldo da paragonarsi a Stephon Gilmore.
Insomma tra un drill e una scaletta, tra un Nick Chubb e un Jalen Ramsey, tanti ragazzi iniziano a nominare nomi che solo un mese fa erano sconosciuti ai più.
Segno inequivocabile che la NFL inizia ad entrare nella testa dei “millennial” italiani, i quali iniziano ad affacciarsi a questo sport finalmente con qualche idolo con una faccia e soprattutto un nome.
Tra i più piccoli che provavano ad acchiappare quella flag gialla che vale come un tackle, c’è un ragazzino sui 10 anni, convinto, deciso, sudato, sotto il sole della Liguria, con il cappellino indossato al contrario dei New York Giants, perché lui ha un idolo, ci racconta durante la pausa acqua, un esempio da seguire, che poco tempo fa ha iniziato proprio come lui in un campo da football americano in Italia, che risponde al nome di Habakkuk Baldonado, il quale oltre ad avercela quasi fatta, sta dando nuova linfa e nuovi stimoli ad i più giovani che si avvicinano a questo sport, fatto di caschi, shoulder, sudore e tanta, tanta passione.
Questo succedeva domenica mattina al campo dei Pirates 1984, ma siamo sicuri che stia succedendo in tutti gli altri gridiron d’Italia, dove coach esperti, con tanta passione da regalare, attendono come una ventata di aria fresca, giovani leve da crescere bene, come uomini prima di tutto, e come giocatori di football americano, senza più confini ormai.

Related Posts